Migranti: disperati in cerca d’accoglienza o pedine di un giro d’affari?

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Come un fiume in piena, il fenomeno migratorio inonda la nostra Nazione. Da un lato c’è chi sostiene che l’accoglienza sia un diritto imprescindibile, dall’altra c’è chi chiede sicurezza e migliore organizzazione. Gli ultimi accadimenti hanno però fatto vacillare la genuinità di chi vuole accogliere a tutti i costi, rivelando un possibile business dietro l’accoglienza che fa davvero rabbrividire

Ma come funziona l’accoglienza?

I CARA sono i Centri di Accoglienza per i Richiedenti  Asilo, lì vanno tutti i migranti che arrivano in Italia irregolarmente e chiedono la protezione Nazionale. A gestirli è il Ministero dell’Interno attraverso le prefetture,  sono loro ad appaltare i servizi a enti privati attraverso i bandi di gara.

Lo STATO poi versa una quota per ogni singolo immigrato a cui dovrebbe essere garantito: alloggio, pasti, assistenza legale e sanitaria, interpreti e servizi psico sociali. Nei CARA si resta finché non vengono esaminate le domande di richiesta d’asilo. Una volta esaminate le domande alcuni vengono riconosciuti come rifugiati politici, la maggior parte però non si vede riconosciuto questo Status così diventa immigrato irregolare e deve lasciare il Paese.

I CARA hanno in genere una capienza di 1.500 persone, i costi complessivi non sono facilmente quantificabili. Nella struttura Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, balzata ultimamente agli onori della cronaca grazie all’operazione Jonny che ha rivelato un giro d’affari che coinvolge un parroco, la criminalità organizzata ed il capo di una confraternita, sono stati spesi in tre anni più di 44 milioni di Euro. Il Centro ha creato 200 Posti di Lavoro ma le condizioni di vita dei migranti, per cui vengono spesi circa 29 Euro al giorno, non sono delle migliori. Dormono in Containers ed il cibo è spesso scadente.

Oltre ai CARA ci sono anche i CAS, mega strutture con ricchi appalti, sono nate per arginare l’emergenza e si sono trasformate nell’asse portante della gestione. I Centri di Accoglienza Speciale sono ormai più di tremila sparsi sul territorio e sono l’anello debole dell’accoglienza, gli ospiti non ricevono assistenza e spesso non imparano neanche l’italiano. Gestiti da cooperative o privati i CAS ospitano il 75% dei migranti che arrivano in Italia. 

Poi c’è una realtà molto poco utilizzata, gli SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati). Questi si basano sulla rete che gli enti locali dovrebbero fare col terzo settore, indirizzando i migranti verso percorsi individuali di inserimento socio-economico. Per i piccoli comuni gli SPRAR potrebbero rappresentare una valida risorsa: lavoro per gli operatori locali, riapertura di scuole ed asili, finanziamenti  statali ed europei. 

Gli SPRAR prevedono un’equa distribuzione di tre rifugiati ogni mille abitanti, garantiscono l’integrazione di chi ha veramente diritto di restare, limitano l’apertura di CAS, rendono impossibile lucrare sull’accoglienza.

E allora come mai per gestire l’accoglienza si fa spesso ricorso ai CAS e vengono snobbati gli SPRAR? 

Christian Carbone 

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