È stata chiesta la condanna all’ergastolo per Filippo De Marco, di 43 anni, e Antonio Criniti, di 32, accusati di essere stati gli esecutori materiali dell’omicidio del biologo Matteo Vinci, di 43 anni, ucciso nell’aprile del 2018 a Limbadi, nel Vibonese, con una bomba collocata sotto la sua automobile sulla quale viaggiava insieme al padre Francesco, di 73, rimasto ferito in modo grave.
Ad avanzare la richiesta del carcere a vita è stato il pm della Dda di Catanzaro Andrea Mancuso nel corso del processo con rito abbreviato che si sta svolgendo davanti al Gup distrettuale Matteo Ferrante.
De Marco e Criniti, secondo quanto é emerso dalle indagini dei carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia, si sarebbero offerti di mettere in atto l’attentato contro Matteo Vinci ed il padre, confezionando e collocando l’ordigno sotto l’automobile sulla quale si trovavano i due, fatto esplodere con un comando a distanza, per saldare un debito che avevano con la cosca Mancuso per una partita di droga non pagata.
Dalle indagini é risultato, inoltre, che l’attentato sarebbe stato messo in atto dai Mancuso per vendicarsi del fatto che la famiglia Vinci non aveva voluto cedere un terreno contiguo ad un altro già di loro proprietà.
Il pm Mancuso ha chiesto, inoltre, la condanna a 20 anni per Vito Barbara, di 32 anni, presunto promotore di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
Barbara é il genero di Rosaria Mancuso, di 66 anni, già condannata all’ergastolo insieme allo stesso Barbara quali presunti mandanti dell’attentato in cui fu ucciso Matteo Vinci.
Rosaria Mancuso é la sorella dei presunti boss Giuseppe, Francesco, Pantaleone e Diego Mancuso, considerati i capi dell’omonima cosca di ‘ndrangheta..
Otto anni di reclusione sono stati chiesti poi per Domenico Bertucci, 9 anni e 2 mesi per Pantaleone Mancuso e 7 anni e 8 mesi per Alessandro Mancuso, imputati di traffico di droga.
Il processo é stato aggiornato al 4 maggio prossimo, quando avranno inizio le arringhe dei difensori degli imputati.
Nel processo si sono costituiti parti civili il padre e la madre di Matteo Vinci, Sara Scarpulla.