Operazione Balboa, rimesso in libertà Domenico Pepè

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Con ordinanza di applicazione di misure cautelari, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria (RC) in data 18/06/2019 nell’operazione c.d. “ Balboa” è stata data esecuzione all’applicazione di misure cautelari in carcere nelle province di Roma, Reggio Calabria e Sassari nei confronti dei sodali di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di cocaina operante sotto l’egida della cosca di ‘ndrangheta “Bellocco” di Rosarno. Il provvedimento giudiziario aveva disposto l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di Umberto Emanuele Oliveri cl. ’87, Domenico Pepè cl. ’55, Alessandro Galanti cl.’81, Antonio Ponziani cl. ’85 eAlessandro Larosa cl. ’78, ritenendoli responsabili – a vario titolo – dei reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti (cui agli artt. 73 e 74 D.P.R. 309/90), per essersi associati tra loro in un gruppo criminale articolato su più livelli, comprensivo di squadre di operatori portuali infedeli, allo scopo di commettere più delitti, concretizzatisi nel reperire ed acquistare all’estero, importare, trasportare in Italia attraverso navi in arrivo al porto di Gioia Tauro ed in altri porti nazionali, nonché commercializzare ingenti quantitativi di stupefacente del tipo cocaina, con l’aggravante della transnazionalità (ex art. 4 L. 146/2006) e dell’aver commesso i fatti al fine di agevolare (ex art. 7 L. 203/91, ora art. 416 bis 1 c.p.) l’attività della cosca di ‘ndrangheta “Bellocco” operante in Rosarno, zone limitrofe, altre zone d’Italia e all’estero. Nell’ambito dello stesso procedimento penale, sono stati complessivamente sottoposti a sequestro 527 panetti di cocaina purissima, per un peso complessivo di 598,520 kg, nonché sono state ricostruite plurime ulteriori importazioni di stupefacente per complessivi 312 Kg di cocaina. L’Avv. Mariangela Borgese, difensore del Pepè, aveva proposto richiesta di riesame dell’ordinanza eccependo la nullità della stessa per omesso avviso al difensore dell’avviso di deposito atti ex art. 293, comma 3 e per omesso tempestivo avvivo al difensore della data e dell’orario dell’interrogatorio, l’insussistenza della gravità indiziaria del contesto sopra delineato in ordine alla contestazione relativa all’associazione ed ai reati fine, e rilevando vi fosse una motivazione manifestamente insufficiente in ordine alla sussistenza dell’attualità delle esigenze cautelari e sulla deduzione difensiva sulla necessaria valutazione del tempo decorso, richiamando il significativo precedente delle Sezioni Unite sentenza n. 40538 del 24/09/2009 che ha affermato il principio per il quale il riferimento in ordine al «tempo trascorso dalla commissione del reato» di cui all’art. 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen., impone al giudice di motivare sotto il profilo della valutazione della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo intercorrente tra tale momento e la decisione sulla misura cautelare, giacché ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari. Ove i reati siano risalenti nel tempo rispetto all’adozione della misura, l’attualità può essere desunta anche dalla persistenza di atteggiamenti che siano espressione sintomatica della proclività al delitto o di collegamenti con l’ambiente in cui il fatto illecito contestato è maturato, confermato da ultimo anche con sentenza Cass. Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016 e da Cass. sez. III n. 18613 del 18 gennaio 2019.- Il difensore aveva altresì eccepito l’erronea mancata applicazione della “retrodatazione” della decorrenza dei termini di custodia cautelare, chiesta in applicazione della disciplina dettata dall’art. 297, comma III, c.p.p., in presenza di cc.dd. “contestazioni a catena”. Il meccanismo della retrodatazione della decorrenza del termine della misura cautelare applicata “tardivamente” fa sì che in presenza delle condizioni legislativamente previste per la configurabilità di una “contestazione a catena”, il termine relativo alla seconda (o all’ulteriore) ordinanza cautelare si consideri iniziato alla data di esecuzione del primo provvedimento, con la conseguenza che i termini di durata massima della misura più recente risultino già “virtualmente” scaduti alla data di emissione del provvedimento che la dispone. A scioglimento della riserva assunta dell’udienza del 16 luglio 2019 il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, a seguito di articolata discussione dell’Avv. Mariangela Borgese , ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere disponendo l’immediata liberazione del Pepè Domenico se non detenuto per altra causa .-  

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