Operazione Mauser, è Giuseppina Multari la collaboratrice di giustizia

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L’attività investigativa che ha portato agli arresti odierni, ha preso le mosse dalle dichiarazioni rese da MULTARI Giuseppina – oggi collaboratrice di giustizia destinataria di misure di protezione – la quale, dopo il suicidio del marito CACCIOLA Antonio, avvenuto il 13 novembre 2005, fornì informazioni su una serie di attività criminali riconducibili a soggetti facenti capo alle famiglie CACCIOLA-CURMACE. In particolare, in data 30 settembre 2006, il padre della collaboratrice di giustizia, MULTARI Francesco, consegnava una lettera fattagli pervenire dalla figlia Giuseppina, in cui la stessa rappresentava la difficile situazione in cui era stata costretta a vivere dopo la morte del marito, CACCIOLA Antonio, presso l’edificio in cui dimorava la famiglia del marito.

La MULTARI, dal 2 ottobre 2006, rendeva dichiarazioni su attività illecite commesse dai parenti del marito, consentendo il rinvenimento di numerose armi e munizioni anche da guerra (sia abilmente occultati, che nella pronta disponibilità dei CACCIOLA), denaro, sostanza da taglio e di un bunker destinato alla latitanza di BELLOCCO Gregorio e forniva una serie di elementi che permettevano di avviare una intensa attività investigativa, soprattutto estrinsecatasi in attività di intercettazione, su membri della famiglia CACCIOLA e su soggetti ad essi collegati.

 I reati commessi ai danni della collaboratrice di giustizia MULTARI Giuseppina

 Come anticipato in premessa, MULTARI Giuseppina consegnava una lettera al padre – che lo stesso provvedeva a consegnare ai Carabinieri in data 30 settembre 2006 – in cui la stessa raccontava delle difficili condizioni di vita che l’avevano spinta in data 11 febbraio 2006 a tentare il suicidio. Nella missiva, in particolare, riferiva di continue limitazioni alla propria libertà di autodeterminarsi e di continue minacce subite ad opera del suocero CACCIOLA Domenico e del cognato CACCIOLA Gregorio.

In verità la MULTARI Giuseppina aveva subito costanti maltrattamenti già dal marito e, in seguito al “suicidio” dello stesso, dal suocero che la costringeva a rispettare le sue imposizioni vessandola continuamente e attribuendole la colpa del suicidio del marito.

Nelle sue indicazioni MULTARI Giuseppina aveva anche espresso la forte preoccupazione, vissuta durante la convivenza con la famiglia CACCIOLA, per aver intuito la loro volontà di occuparsi in via esclusiva delle bambine.

 Il fattore oggettivo della privazione della libertà personale, attuata da CACCIOLA Domenico con minacce esplicite e no, si riscontrava indirettamente anche dalle conversazioni intercettate, poiché si registrava il timore della famiglia MULTARI per le probabili ritorsioni dei CACCIOLA anche nei confronti di soggetti a loro vicini. Il timore di una ritorsione anche nei confronti del fratello della MULTARI, residente in Germania, infatti era così forte che il padre gli consigliava di tutelarsi con un’arma e di attivarsi per ostacolare eventuali azioni della famiglia CACCIOLA nei suoi confronti. I MULTARI temevano anche gli appartenenti alla famiglia CURMACE (residenti in Germania) e che questi potessero rivelare ai CACCIOLA il luogo dove abitava MULTARI Antonio, poiché alleati dei CACCIOLA.

 L’accanimento di tutta la famiglia CACCIOLA si raccoglieva, anche, in alcuni messaggi e si manifestava nel tentativo che questi facevano di prendere contatto con la MULTARI per scoprire la località dove era stata trasferita, poiché sottoposta a protezione.

CACCIOLA Michele, padre di Giuseppe (arrestato) e della defunta collaboratrice di giustizia Maria Concetta e cugino di CACCIOLA Domenico, era riuscito a individuare una delle figlie di MULTARI Giuseppina, che in quel periodo era ricoverata, a causa di una patologia, presso il nosocomio “GASLINI” di Genova. Dopo avere ricevuto la notizia dell’individuazione della minore, i membri della famiglia CACCIOLA si attivavano e CACCIOLA Francesco, raggiungeva il suddetto ospedale, mentre il resto della famiglia cercava di averne conferma chiamando l’ospedale e altri nosocomi per individuare altri appuntamenti eventualmente presi dalla MULTARI.

In sintesi, sono state documentate una serie di circostanze, quali:

–          la costrizione a casa CACCIOLA imposta alla MULTARI Giuseppina;

–          le difficoltà poste alla MULTARI nei rapporti con la famiglia di origine;

–          le continue violenze psicologiche;

–          la minaccia di occuparsi delle bambine in via esclusiva, desumibile dagli atteggiamenti dei CACCIOLA;

–          le mancate cure prestate alla MULTARI;

–          le minacce di morte esplicite rivolte alla collaboratrice;

–          il precario stato di salute generale della MULTARI allorquando veniva prelevata in data 02.10.2006 dalle FF.PP., che si presentava fortemente svigorita nel fisico e terrificata nell’animo,

che concorrono nell’affermare che la MULTARI Giuseppina era sottoposta a pesanti vessazioni e privazioni sia fisiche che di sostegno morale.

 All’esito di un’ulteriore attività istruttoria sviluppata nel 2013, si è provveduto alla escussione della collaboratrice di giustizia e dei genitori della donna: PIROMALLI Concetta e MULTARI Francesco. Tale attività ha consentito di aggravare le responsabilità penali dei CACCIOLA e di ampliare il numero di coloro che hanno concorso nel reato.

L’attività di indagine sopravvenuta, infatti, ha consentito di riqualificare le condotte antigiuridiche contestate ai CACCIOLA nel reato di “riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù”, perché, in concorso tra loro, mediante violenza e minacce, esercitavano su MULTARI Giuseppina, poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà, riducendola in uno stato di soggezione continuativa. In particolare:

–          minacciandola di morte ed attribuendole la responsabilità del suicidio del marito CACCIOLA Antonio;

–          sottoponendola ad una serie continua di vessazioni morali;

–          impedendole una normale vita di relazione;

–          impedendole di uscire liberamente da casa senza la loro presenza;

–          impedendole di accompagnare a scuola le proprie figlie minori;

–          impedendole di scegliere il medico curante;

–          impedendole di trasferirsi presso l’abitazione dei propri genitori dopo il tentativo di suicidio del 11.02.2006;

–          impedendole di esercitare poteri gestori sulle figlie minori;

–          prelevando e gestendo le figlie minori contro la sua volontà.

 

Le eloquenti dichiarazioni della MULTARI circa lo stato di prostrazione fisica ed emotiva in cui era stata costretta a vivere (che l’aveva indotta a tentare il suicidio la notte del 11 febbraio 2006) risultano graniticamente confermate dalle dichiarazioni rese dai genitori, i quali, pur non sottacendo il vero e proprio stato di terrore che aveva pervaso l’intero nucleo familiare in questa fosca vicenda, hanno confermato le circostanze riferite dalla collaboratrice di giustizia.

 Nel caso di specie, il grave quadro indiziario raccolto dimostra che gli indagati esercitavano sulla MULTARI Giuseppina poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà, limitandone la libertà di locomozione ed annientandone, con espresse minacce e violente pressioni psicologiche, la capacità di autodeterminazione.

Dalla morte del marito, MULTARI Giuseppina era stata, infatti, sottoposta ad una serie reiterate e crescente di minacce e violenze psicologiche. Tutto aveva avuto origine dal suicidio del giovane Antonio, CACCIOLA Domenico, ritenendone responsabile la nuora, aveva aggredito fisicamente la nuora, strattonandola e minacciandola di morte. Da quell’evento, già di per sé così traumatico, la vita di MULTARI Giuseppina era stata segnata da un incredibile crescendo di vessazioni psicologiche, privazioni, divieti, costrizioni.

Alla giovane donna era stato impedito di uscire da casa, se non accompagnata da uno dei membri femminili della famiglia, ossia, la suocera D’AGOSTINO Teresa e la cognata CACCIOLA Maria. Persino a piangere sulla tomba del marito (nei confronti del quale MULTARI Giuseppina ha ammesso essere stata molto innamorata) le era stato vietato, se non accompagnata dalle sue solerti carceriere. Le era stato impedito di accompagnare le figliolette a scuola e di scegliere il medico da cui farsi curare. Persino i contatti con la madre erano controllati dalla famiglia CACCIOLA, che ne determinava rigorosamente il “tempo massimo”, coincidente con la chiusura del portone d’ingresso per la notte.

 

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