Operazione Provvidenza 2, 12 arresti a Gioia Tauro

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È in corso dalle prime ore di questa mattina, l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della  Procura distrettuale antimafia, nei confronti di 12 affiliati alla cosca Piromalli di Gioia Tauro, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, truffa ed altri reati aggravati  dalle finalità mafiose.

L’intervento, che segue a meno di un mese il fermo di 33 persone organiche al sodalizio di gioia tauro emesso da questa procura della repubblica, ha previsto il contestuale sequestro preventivo di beni per un valore di circa 50 milioni di euro, tra cui il noto consorzio co.p.a.m. di Varapodio (RC) costituito da oltre 40 aziende e cooperative agricole operanti nella piana di Gioia Tauro, nella Sicilia orientale e nel basso Lazio.

I provvedimenti, eseguiti dal raggruppamento operativo speciale, si collocano nel quadro di un’articolata manovra investigativa avviata in direzione dei vertici della ndrangheta reggina, già concretizzatasi:

–        il 15.07.2016, con l’esecuzione dell’o.c.c. in carcere nei confronti 8 indagati per associazione di tipo mafioso e scambio elettorale politico mafioso, nel cui ambito, oltre ad accertare l’operatività di una struttura direttiva occulta della ‘ndrangheta, veniva riscontrato il funzionamento di un organo collegiale denominato “Santa” ideato dai vertici delle cosche De Stefano e Piromalli (operazione mammasantissima);

–        il 15.11.2016 ed il 19.11.2016, con l’esecuzione di misure cautelari nei confronti di 53 affiliati alla cosca Condello, indagati per associazione di tipo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni ed altri delitti, tutti aggravati dal metodo mafioso (operazione sansone);

–        il 19.01.2017, con l’esecuzione di un provvedimento di fermo nei confronti 35 soggetti, contigui alla cosca Piromalli responsabili dei reati associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione ed altri reati aggravati dal metodo mafioso (operazione cumbertazione);

–        il 26.01.2017, con l’esecuzione di un provvedimento di fermo nei confronti di 33 affiliati alla cosca Piromalli,  indagati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, intestazione fittizia di beni, autoriciclaggio e altri reati aggravati dalle finalità mafiose (operazione provvidenza).

Le risultanze contenute nellodierna ordinanza cautelare certificano ancora una volta le dinamiche associative e gli assetti mafiosi della cosca “piromalli”, evidenziando il ruolo apicale dei fratelli Piromalli Giuseppe cl. 45 detto facciazza[1], attualmente detenuto presso il carcere de laquila, e Piromalli Antonio cl. 39 detto “u catanisi”[2], in grado di orientare gli equilibri criminali dellintero mandamento tirrenico e di condizionare il locale tessuto economico-imprenditoriale, con particolare riferimento ai settori agro-alimentare e turistico-ricettivo, grazie alla complicità di imprenditori contigui alla cosca.

In particolare, l’indagine ha accertato come il citato Piromalli Giuseppe, benché da anni ristretto in regime detentivo speciale, attraverso i periodici colloqui con i familiari, e facendo leva su un’efficiente filiera comunicativa, fosse in grado di veicolare all’esterno ordini e messaggi, funzionali alla direzione degli affari del clan, controllati attraverso il figlio Piromalli Antonio, destinatario del provvedimento di fermo del 26 gennaio u.s..

in tale contesto, altro ruolo carismatico in seno alla cosca è risultato quello dell’ultrasettantenne Piromalli Antonio, defilato sotto il profilo strettamente operativo, ma ancora molto influente nella pianificazione delle strategie criminali dell’organizzazione, soprattutto nel dirimere le controversie sorte tra gli affiliati, anche rispetto a problematiche non prettamente criminali[3]. inoltre, proprio all’anziano Piromalli Antonio era devoluto il compito di rinsaldare i rapporti con la cosca mole’, un tempo alleata, attraverso la figura di Mole’ Michele cl. 66, opportunamente coinvolto nella ripartizione dei proventi derivanti dagli affari criminali legati alla gestione del porto di Gioia Tauro.

Sul piano più generale, le investigazioni del ros hanno messo in luce anche le infiltrazioni dell’organizzazione criminale sia nel settore agroalimentare, documentando le interrelazioni transnazionali strumentali allo sviluppo di tali importanti traffici commerciali, che nel settore turistico-ricettivo, attraverso ingenti investimenti di denaro di provenienza illecita nell’acquisto di strutture alberghiere ubicate in zone costiere ad elevata vocazione turistica.

In particolare nel comparto oleario, è emersa la figura degli imprenditori Careri Domenico e Gioacchino[4], da sempre legati a Piromalli Giuseppe cl. 45 e al figlio Antonio, per conto dei quali avviavano un’ingente attività di esportazione di olio verso gli stati uniti, con la prospettiva di rilevanti introiti derivanti dalla possibilità di commercializzare il prodotto in noti ipermercati americani, potendo contare, tra l’altro, sull’articolato circuito relazionale di Vizzari Rosario[5], prestanome del sodalizio stabilitosi da anni Nel New Jersey. Tale meccanismo di fatto consentiva ai Piromalli di penetrare nel mercato americano con prospettive di guadagno e riciclaggio di denaro, mentre ai Careri di assumere una posizione rilevante nel settore oleario, vendendo il proprio prodotto ad un prezzo decisamente vantaggioso e dissimulando, dietro l’etichettatura di olio extravergine, la vendita di olio di sansa (in alcuni casi persino avariato). le ipotesi di frode in commercio e contraffazione alimentare sono attualmente al vaglio delle autorità americane, con approfondimenti da parte dell’ FBI.

nella distribuzione dei prodotti ortofrutticoli, è invece emerso come la cosca avesse infiltrato il consorzio Copam di Varapodio (RC), costituito da numerose cooperative calabresi e siciliane, sfruttandone la notevole capacità di approvvigionamento di prodotti agrumicoli, e disponendone sul piano gestionale e commerciale, grazie al ruolo di Scarpari Rocco[6], semplice dipendente ma, di fatto, vero dominus della cooperativa, in quanto referente della cosca gioiese.

Attraverso tale rilevante controllo, il sodalizio è stato in grado di alimentare sia la grande distribuzione del nord-est italiano che il mercato rumeno. in particolare, dalle indagini del ros è emerso come Piromalli Antonio, anche tramite il socio Alessandro Pronesti, ingerisse nella gestione della C.O.P.A.M., sovrintendendo in prima persona a tutta la filiera commerciale di fornitura dei prodotti agrumicoli – stabilendo tempi, quantitativi e prezzi delle merci da esportare- curando i rapporti con le aziende (es: polignanese al mof di Milano, o aziende in Romania) e intervenendo anche nella gestione del personale dipendente del consorzio.

In particolare, nell’ambito delle trattative condotte con alcuni imprenditori rumeni, preoccupati dalla possibile interruzione degli approvvigionamenti, Pronestì Alessandro, che agiva secondo le direttive di Piromalli, si spingeva a  rassicurare i suoi interlocutori, dicendo che la cooperativa aveva di fatto l’obbligo di rifornire prioritariamente le aziende indicate dall’organizzazione:“”forse tu non hai capito una cosa, la cooperativa prima manda a noi e poi se avanza manda agli altri!”.

Le attività del consorzio Copam erano inoltre utilizzate dalla cosca Piromalli nelle operazioni commerciali di esportazione dell’olio d’oliva verso gli stati uniti. il consorzio, infatti, veniva costretto a garantire il pagamento in anticipo di quanto prodotto dalla societa’ i fratelli Careri ed a farsi carico dei costi delle ulteriori (e non necessarie) operazioni di intermediazione (Piromalli Antonio: “glielo hai specificato a Scarpari …ogni vendita che facciamo fare a lui ……..già a priori deve sapere che due centesimi li deve mettere in fattura in più per noi”).

A riscontro del controllo totalizzante del consorzio da parte della cosca, è emerso inoltre come Piromalli Antonio stesse prendendo in considerazione di trasferire la sede di Copam all’interno dell’area commerciale del porto di Gioia Tauro, sia perche’ trovava le spese degli stabilimenti di varapodio troppo eccessive, sia per rendere ancora più agevole le attivita’ di esportazione di agrumi verso gli Stati Uniti.

Infine, per quanto concerne il settore turistico-ricettivo, le investigazioni condotte dal ros hanno dato conto del profilo imprenditoriale di Comerci Nicola Francesco[7] che, nel corso degli anni, ha saputo creare un impero economico[8], avvalendosi dei capitali e della protezione della cosca, soddisfacendone ogni richiesta: dalla gestione dei latitanti, agli investimenti nel settore immobiliare, all’inserimento di ditte di riferimento del sodalizio nelle forniture alberghiere. collegamento emerso in modo ancora piu’ palese in occasione del tentato omicidio del figlio Andrea, avvenuto nel giugno 2015 a Parghelia(VV), che spingeva Comerci Nicola Francesco a rivolgersi ad esponenti della cosca Piromalli per giungere all’individuazione dell’autore dell’azione delittuosa.   

Tra i destinatari del provvedimento anche Ferro Cinzia[9] e Cordi’ Teresa[10], le quali, per conto del sodalizio, fungevano da prestanome nella gestione di imprese inserite nei servizi di pulizia e catering di alcune strutture  turistiche riconducibili ad importanti società di settore, nonche’ nel ramo  dell’abbigliamento, con punti vendita in alcuni centri commerciali della provincia di Milano e Udine.

Nel medesimo contesto, e’ stata data esecuzione anche al sequestro preventivo emesso dal gip calabrese, ai sensi del comma 7 del reato di associazione mafiosa (416 bis del c.p.), nei confronti delle gia’ citate imprese:

–      il consorzio copam di varapodio (rc), costituito da oltre 40 soci, aziende e cooperative agricole, che operano nella piana di Gioia Tauro, nella Sicilia orientale e nel basso Lazio, attivo nel commercio dei prodotti ortofrutticoli, ed in particolare nel settore agrumario dei kiwi e delle pesche, con un fatturato di oltre 20 milioni di euro;

–      la societa’ S.G.F. fratelli Careri srl, con sede legale in Milano e stabilimento in San Ferdinando (RC), attiva nella produzione e nel commercio dell’olio di oliva.


 

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