«Come unico interlocutore assolvo all’impegno, consegnando direttamente a voi, rappresentanti della Collettiva, la mia risposta».
È iniziato con queste parole del vescovo mons. Francesco Milito l’incontro, richiesto e concordato, con la Collettiva AutonoMIA di Reggio Calabria nell’Episcopio di Palmi il 17 dicembre scorso.
Diversi gli spunti di riflessione in quello che è stato un incontro discorsivo e vivace.
Il rimettere al centro Anna Maria Scarfò, vera “protagonista” della vicenda, il contenuto delle lettere aperte inviate all’attenzione del Vescovo da parte della Collettiva, la figura di don Antonio Scordo, sono stati i punti principali del confronto.
Si è discusso sulla scelta delle modalità di comunicazione e dei silenzi, si sono chiariti gli equivoci sull’interpretazione di essi da entrambe le parti.
La divergenza maggiore si è registrata sulle nomine di don Scordo. La discussione ha visto uno scambio di visioni differenti su posizioni ed interpretazioni, con risposte date da mons. Milito a domande e osservazioni poste dalla Collettiva e viceversa, che ha prodotto un confronto aperto e schietto.
Punti di vista, in alcuni casi opposti, capaci però di trovare una convergenza su obiettivi precisi: la condanna di ogni forma di violenza sulle donne e la disponibilità e l’impegno reciproco ad interfacciarsi costruendo dei percorsi comuni di informazione e prevenzione in tal senso.
Il Vescovo ha inoltre espresso la volontà di avere un contatto diretto con Anna Maria Scarfò, ribadendo la sua attenzione, avuta già in passato, verso questo tema.
Durante l’incontro sono state poste quindi le basi per avviare eventi congiunti tra la Collettiva AutonoMIA e gli organismi diocesani impegnati in ambito familiare, quali il Consultorio Familiare e l’Ufficio Diocesano per la Famiglia, al fine di sottolineare l’importanza della prevenzione della violenza sulle donne che avviene soprattutto in contesti familiari. Questo il dato più significativo dell’incontro.
Il senso di questo comunicato congiunto è dunque proprio quello di attestare pubblicamente l’intento di far fronte comune contro la violenza sulle donne, attraverso l’informazione e la prevenzione, oltre che la denuncia, nei contesti religiosi che, in moltissimi casi, sono il luogo a cui le donne si rivolgono per trovare accoglienza e soluzioni.