Riceviamo e pubblichiamo
“Non c’è “il candidato” del partito, ma “i candidati”. Quando si indicono le primarie ci “limitiamo” a “decidere” gli uomini e i programmi da sottoporre al giudizio dei cittadini”. Così Massimo Paolucci, eurodeputato del Pd, risponde a Debora Serracchiani, vicesegretaria nazionale del Partito Democratico, che negli scorsi giorni durante un’iniziativa in Calabria ha indicato in Gianluca Callipo il candidato del partito alla corsa per la presidenza della Regione.
“Trovo del tutto “legittimo” che i dirigenti nazionali prendano posizioni e scelgano chi sostenere tra Mario Oliverio e Gianluca Callipo: nel Pd non è sospeso il diritto di parola. Quel che francamente non mi convince – aggiunge Paolucci – è una affermazione della vicesegretaria, secondo la quale “il Pd sta con Callipo”. Il partito con le primarie “cede” un pezzo di sovranità ad i suoi elettori: non c’è un candidato “ufficiale”, ma due o più candidati che rappresentano il partito con pari dignità e hanno lo stesso grado di legittimazione”.
“Noi siamo il Pd, un partito organizzato su base federale, che fa dell’autonomia regionale uno dei suoi tratti distintivi”, ribadisce Paolucci.
“Con la stessa franchezza vorrei aggiungere che commetterebbe un errore grave chi, in Calabria, come in Campania ed in Puglia, nei prossimi giorni provasse a trasformare – indirettamente – le primarie in un referendum pro o contro Matteo Renzi sulla base dei candidati in campo. Come è del tutto evidente Renzi non è assolutamente in discussione”, continua.
“Non è utile al Pd, riportare “forzatamene” le lancette al 8 dicembre 2013. Non si tratta di scegliere sulla base della maglietta che abbiamo indossato quando si è trattato di eleggere il segretario nazionale. Le primarie non sono i tempi supplementari del congresso. Scegliamo con serenità sulla base delle proposte in campo – conclude Paolucci – discutiamo di contenuti, del futuro delle nostre terre. Scegliamo sulla base della credibilità dei candidati”.