Revocata misura di prevenzione nei confronti di Pesce Maria Grazia

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La Corte di Appello di Reggio Calabra ha revocato a Pesce Maria Grazia classe 82 di Rosarno, difesa dall’avvocato Domenico Malvaso del foro di Palmi, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. A Pesce Maria Grazia era stata applicata nel 2014 la misura di prevenzione per due anni, dal Tribunale di Reggio Calabria, perché ritenuta appartenete alla ‘ndrangheta ed in particolare alla cosca Pesce sulla scorta delle risultanze investigative emerse nell’ambito dell’operazione “All inside”. Pesce Maria Grazia in sede penale è stata assolta in via definitiva dalle accuse di partecipazione all’associazione. Tuttavia, a seguito della scarcerazione è stata immediatamente data esecuzione alla misura di prevenzione. L’avvocato Malvaso Domenico avanzava immediatamente istanza con la quale, alla luce della sentenza n. 291 del 2.12.2013 della Corte Costituzionale, chiedeva la sospensione dell’esecuzione della misura di prevenzione e la rivalutazione della pericolosità sociale a causa dello scarto temporale esistente tra la delibazione e la concreta esecuzione dovuta alla custodia cautelare cui era sottoposta Pesce Maria Grazia. Il Tribunale reggino disponeva la sospensione dell’esecuzione della misura e fissava l’udienza camerale al fine di valutare nel merito la revoca della misura, all’esito della stessa, tuttavia, rigettava la richiesta e sottoponeva nuovamente la Pesce alla misura di prevenzione. In particolare, il Tribunale ha ritenuto la Pesce appartenente all’associazione mafiosa valutando persistente la pericolosità sociale della stessa sulla scorta di una presunzione di mafiosità che, a parere del Tribunale, può essere superata solo con la prova della effettivo scioglimento del vincolo associativo. L’avvocato Malvaso ha appellato tale provvedimento sostenendo sia la non appartenenza della Pesce alla cosca, anche alla luce della sentenza assolutoria del processo di merito, che l’erroneità del giudizio presuntivo di pericolosità che non opera, secondo il più recente orientamento della Corte di Cassazione, per i soggetti indiziati di appartenenza mafiosa ed a maggior ragione per coloro che sono stati assolti dall’accusa di partecipazione ad un’associazione mafiosa. In tali casi è onere della pubblica accusa indicare elementi concreti ai quali ancorare il giudizio di pericolosità attuale, soprattutto quando tra il momento della decisione e quello dell’esecuzione della misura di prevenzione vi è stato una fase di detenzione. La Corte di Appello di Reggio Calabria ha accolto il gravame interposto dall’avv. Malvaso Domenico, ritenendo che la pubblica accusa non ha fornito alcun elemento di novità atto a sostenere un giudizio di attualità della pericolosità sociale non potendosi considerare, nel caso specifico, operativa la presunzione di persistenza della pericolosità sociale e non essendovi, di conseguenze, onere a carico dell’interessato di fornire la prova della rescissione del vincolo associativo.

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