Beni per circa due milioni di euro sono stati confiscati dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria a Vincenzo Pesce, di 69 anni, ritenuto un esponente di spicco dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta egemone a Rosarno.
Il provvedimento è stato eseguito da personale della Dia di Reggio Calabria coordinato dal procuratore Giovanni Bombardieri.
A poco più di un anno dal sequestro, i giudici hanno deciso per la confisca di due società riconducibili a Pesce e operanti nel settore costruzioni di edifici e smaltimento rifiuti solidi non pericolosi.
Oltre ai rapporti finanziari aziendali, sono stati confiscati anche 8 immobili, tra cui un capannone con uffici aziendali di rilevanti dimensioni e diversi terreni agricoli, 10 beni mobili registrati di cospicuo valore aziendale, tra cui diverse macchine operatrici semoventi, un rimorchio, un semirimorchio, diversi autocarri e una autovettura.
Già condannato per associazione a delinquere nel 1994 e per associazione a delinquere di stampo mafioso nel 1996, Vincenzo Pesce detto “Sciorta” è attualmente detenuto per la condanna subita in appello nel 2018 nel processo “Ndrangheta Banking” e diventata definitiva nel 2019. Sta scontando 4 anni di reclusione per trasferimento fraudolento di valori con l’aggravante di aver agevolato la ‘ndrangheta.
Si trattava di un’impresa che Pesce avrebbe intestato a un prestanome per scongiurare eventuali sequestri. La stessa impresa che poi era riuscita ad ottenere un appalto indetto dal Comune di Rosarno relativo ai lavori di manutenzione delle strade per un importo di 40mila euro.
Per la confisca, la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha tenuto conto della pericolosità sociale “qualificata” di Vincenzo Pesce ritenuto un “soggetto partecipe alle cosche di ‘ndrangheta operanti del mandamento tirrenico reggino nonché consapevole di agevolarle”.