Il Partito Democratico di Rosarno ha messo nel sacco la Sinistra. L’interpartitica di lunedì non ha sciolto i nodi, rispetto alla nuova giunta comunale, ma ha dato un segnale chiaro. Il gruppo della Sinistra – guidato da Rocco Pronestì, Antonio Bottiglieri e Teodoro De Maria – aveva chiesto almeno tre cambi in seno all’esecutivo, addirittura chiarendo, a più riprese, che la giunta andava rilanciata anche a costo di «tagli dolorosi». In pratica la Sinistra chiedeva il cambio di alcuni assessori per una ripresa amministrativa che, di fatto, era a loro giudizio pregiudicata. Ebbene, dopo dieci giorni di tatticismi e incontri, il Pd ha trovato il modo di spegnere gli eroici furori dei compagni di viaggio: nessun assessore deve fare le valigie, si può procedere, però, ad un cambio di deleghe. In pratica Carmelo Cannatà, Filippo Italiano, Michele Fabrizio, Franco Bruzzese, Francesco Bonelli e Teodoro De Maria conservano la poltrona ma cambiano casella. Il messaggio è chiaro: chi non era bravo alle politiche sociali forse è bravo all’urbanistica, chi non se l’è cavata all’agricoltura forse farà la performance all’istruzione e così via. Di note ufficiali, stavolta, manco l’ombra, segno che forse la segretaria democratica Stefania Mancuso, di concerto con la sindaca Elisabetta Tripodi, ha trovato la quadra per conservare la postazione dei suoi assessori. Quindi alla fine nessun «taglio doloroso», ma semplicemente un modo per scavallare la crisi e arrivare con gli stessi uomini – di cui molto prosaicamente la Sinistra aveva sottolineato «l’incapacità chiara e netta, visti i risultati, di alcune deleghe chiave» – alla fine del mandato di novembre e sperare che nella primavera del 2016 le stelle siano beneauguranti.
Venerdì è probabile che le parti si rivedano, e a quel punto la Sinistra dovrà dire se accetta o meno il rimpasto “di nome ma non di fatto”. Se accetta dovrà però spiegare a cittadini ed elettori per quale motivo ha definito la giunta siffatta «incapace», e ne aveva chiesto una decisa potatura. Se non accetta dovrà prendere il coraggio a quattro mani. Ma alla fine, come sembra, prevarrà la logica suggerita dal titolo della commedia di Shakespeare: molto rumore per nulla.
Domenico Mammola