I Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Reggio Calabria hanno proceduto all’esecuzione del decreto emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, su conforme proposta della Direzione Distrettuale Antimafia della locale Procura, avente ad oggetto il sequestro preventivo dei beni riconducibili a:
- CACCIOLA Gregorio, nato a Rosarno (RC) il 28/09/1951, ed ivi residente;
- GARRUZZO Michelangelo, nato a Rosarno (RC) il 30/06/1960 e domiciliato a Motta di Livenza (TV),
entrambi tratti in arresto in data 18 ottobre 2013 dai Carabinieri di Padova e di Reggio Calabria, accusati di estorsione, perpetrata con modalità mafiose, nei confronti di un imprenditore operante nella provincia di Padova.
A seguito della menzionata attività di PG, su delega della DDA di Reggio Calabria, lo SCICO della Guardia di Finanza di Roma e i dipendenti e G.I.C.O. e Gruppo Tutela Finanza Pubblica hanno svolto indagini economico – patrimoniali nei confronti dei due indagati e dei componenti i rispettivi nuclei familiari, nonché di terze persone ritenute possibili “intestatari fittizi” di beni, comunque riconducibili, ai predetti CACCIOLA Gregorio cl.’51 e GARRUZZO Michelangelo cl.’60.
Gli accertamenti in esame hanno consentito di individuare imprese, beni mobili e immobili facenti capo ai medesimi, di valore sproporzionato rispetto alle attività economiche e ai redditi da essi dichiarati, ed in particolare:
- la “Rabbit Services Snc di Consiglio Anna Maria & C.”, con sede legale a Rosarno, ma operante a Motta di Livenza, in provincia di Treviso, operante nel settore alberghiero e della ristorazione;
- la ditta individuale “ Azienda agricola Garruzzo Michelangelo” con sede in Rosarno;
- un fabbricato ubicato a Reggio Calabria;
- nr. 2 autovetture;
- la C & C Corporation di Cacciola D. e R. Snc”, con sede a Rosarno, esercente l’attività di commercio al dettaglio di carburante per autotrazione.
I suddetti beni, del valore di oltre 4 milioni di Euro circa, tutti nella disponibilità del GARRUZZO, tranne l’ultima società, riconducibile al CACCIOLA, sono stati sottoposti a sequestro ai sensi dell’art. 321 c.p.p. e dell’art. 12 sexies legge nr. 356 del 7/08/1992, in quanto di valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati dai rispettivi nuclei familiari.
L’operazione di servizio è frutto dell’impegno costante che la Procura della Repubblica di Reggio Calabria e la Guardia di Finanza profondono nell’azione di aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati, attraverso la consumazione di reati commessi con modalità mafiose.
Entrambi sono stati arrestati nell’ottobre del 2013 perchè ritenuti responsabili dei reati di estorsione continuata in concorso aggravata dal metodo mafioso. Le indagini hanno posto in rilievo la figura di Gregorio Cacciola che, unitamente a Michelangelo Garruzzo, avrebbe costretto un imprenditore veneto a restituire somme di denaro precedentemente corrisposte a saldo di un contratto di intermediazione, stipulato il 9 luglio 2011 tra Cacciola Domenico e la FederPetroli Italia, per la gestione di un impianto per la distribuzione di carburanti.
In particolare, Gregorio Cacciola avrebbe intimato alla vittima il rimborso di tutte le somme versate per l’acquisto di un distributore di benzina, minacciandolo ripetutamente di morte ed approfittando della complicità e del concorso di Michelangelo Garruzzo, il quale ha contattato ripetutamente la vittima per sollecitargli la restituzione delle somme versate a Cacciola, alludendo a questi quale appartenente ad un’importante famiglia mafiosa di Rosarno, disposto ad ucciderlo qualora non avesse saldato il presunto debito.
Le attività investigative hanno consentito alla Direzione Distrettuale Antimafia di constatare la condotta di entrambi gli indagati, contraddistinta da chiare modalità intimidatorie, poste in essere tramite la minaccia dell’intervento di amici e/o conoscenti di origini calabresi ed avvalendosi della caratura criminale della famiglia di provenienza di Gregorio Cacciola, tramite il quale è stato prospettato il coinvolgimento di soggetti appartenenti e contigui alla ‘ndrangheta.
Tali condotte, peraltro, avrebbe evidenziato, secondo gli inquirenti precise mire espansionistiche della cosca anche nel nord Italia, avendo documentato la piena disponibilità di beni ed esercizi commerciali.