Il tribunale del riesame di Reggio Calabria ha revocato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Pietro Di Giacco, il 42enne di San Ferdinando, arrestato lo scorso 12 febbraio dai carabinieri nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Reggio Calabria contro la cosca Bellocco di Rosarno.
Secondo l’accusa, Di Giacco avrebbe assicurato una rete di protezione e di comunicazione tra i vertici del clan per il quale si sarebbe reso parte attiva nella realizzazione del programma criminoso.
L’uomo sarebbe stato la voce sul territorio del boss Domenico Bellocco mentre quest’ultimo era latitante.
Nel corso della attività di intercettazione, Di Giacco avrebbe affermato di aver svolto questa attività anche in passato in favore di altri soggetti latitanti.
Da qui la conclusione degli inquirenti di ritenere che vi fosse un rapporto stabile con esponenti della cosca. Un rapporto tale che, secondo il gip, Di Giacco sarebbe stato stabilmente inserito nella famiglia mafiosa.
La tesi è stata contestata, nell’udienza davanti al Tribunale del riesame, dagli avvocati Francesco Calabrese e Pasquale Galati, difensori di Di Giacco, i quali hanno evidenziato come, seppure gli elementi consentissero di ritenere sussistente un rapporto di contiguità dell’indagato con ambienti delinquenziali, ciò non fosse sufficiente ad integrare il rapporto di inserimento nella cosca che, stando a una recente sentenza delle Sezioni unite della Cassazione, deve essere ritenuta quale “compenetrazione organica”, dunque qualcosa di molto più che un mero rapporto di disponibilità.
Compenetrazione organica che non ci sarebbe stata secondo i difensori per i quali, piuttosto poteva raffigurarsi “un rapporto esterno assolutamente sporadico – si legge in una nota – che non assume alcuna conducenza nella prospettiva di costituire una ipotesi di reato”.
Accogliendo il ricorso dei legali, in attesa delle motivazioni della sentenza, i giudici del Riesame hanno revocato l’arresto e rimesso in libertà Di Giacco.