“Che un docente debba avere ripercussioni se non va d’accordo col proprio dirigente è un’evidente violazione delle libertà costituzionali.” Così la deputata reggina del Movimento 5 Stelle Federica Dieni commenta la notizia, emersa su organi di stampa, secondo la quale i criteri definiti dall’Istituto comprensivo F. Jerace di Polistena, in provincia di Reggio Calabria per assegnare il bonus premiale al personale docente, prevedrebbero penalizzazioni nel punteggio in relazione ad eventuali relazioni conflittuali con colleghi, dirigenti scolastici e altri soggetti del territorio.
“Che la cosiddetta legge sulla Buona scuola – continua la parlamentare – avrebbe portato all’asservimento degli insegnanti ai dirigenti, noi del MoVimento 5 Stelle lo denunciammo fin dalla discussione nelle aule parlamentari di questa pseudo riforma. La deriva che si è presa a Polistena, tuttavia, è conseguenza di un’interpretazione della norma che speriamo il Ministero si impegni per escludere. Per questo ho presentato immediatamente un’interrogazione al Ministro dell’istruzione. Mentre, infatti, la legge prevede che il Comitato per la valutazione dei docenti individui i criteri per la valorizzazione dei docenti stessi, la previsione secondo la quale tra questi rientri la concordia col dirigente è evidentemente un eccesso che, anche alla luce della libertà di espressione, non possiamo tollerare. Oltre a questo è evidente che la deontologia professionale porta molte volte a prendere delle posizioni in disaccordo col proprio superiore o con esponenti delle amministrazioni locali. E’ impensabile che, se per fare il proprio dovere, un insegnante deve alzare la voce, magari in difesa della salute o della sicurezza degli studenti, debba venire punito.”
“La legge sulla buona scuola – termina la deputata reggina – ha già talmente tanti difetti che non serve aggiungerne altri in sede di applicazione. Invito pertanto chi è chiamato a decidere, a partire dalle realtà locali, a evitare di trasformare il già troppo esteso potere dei dirigenti in veri e propri abusi. Ne va, prima ancora che della libertà dell’insegnante e del pluralismo, dei diritti fondamentali.”