Storia della ‘ndrangheta nella Piana – Parte 1

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ARTICOLO ESTRATTO DAL 4° NUMERO DI TERRA DI MEZZO, MENSILE CARTACEO DI ZMEDIA. LUGLIO 2014

A fine giugno i carabinieri del Ros eseguendo l’Operazione denominata “Mediterraneo” hanno tratto in arresto 54 persone ritenute affiliate alla cosca di ndrangheta dei Molè di Gioia Tauro. Il G.i.p di Reggio Calabria che ha emesso l’Ordinanza di custodia cautelare, dott. Domenico Santoro, oltre a valutare la posizione di ogni indagato in merito ai reati contestati, ha altresì effettuato una disamina storica sull’esistenza, in particolare, della Cosca Molè di Gioia Tauro e di tutte le famiglie di ndrangheta presenti sulla Piana.

Un excursus storico processuale richiamando operazioni che nel corso degli anni hanno visto coinvolte le cosche della Piana quali, “Cent’anni di Storia”, “Tirreno”, “Piano verde”, “Taurus”, “Conchiglia”, “Tallone d’Achille”, “Porto” ed infine la cd “Operazione Prima”.

Secondo quanto riportato in ordinanza, infatti, l’esistenza e il ruolo delle famiglie ndranghetiste Piromalli-Mole “sono stati per la prima volta organicamente ripercorsi nell’ambito del processo “Tirreno”, definito con sentenza del 25-11-1997”.

Tale procedimento a parere del giudice firmatario dell’ordinanza relativa all’Operazione Mediterraneo “disegna e narra le vicende relative all’affermazione a partire dagli anni ’70 dell’egemonia della cosca Piromalli, di cui tutti i capi delle cosche mafiose del versante tirrenico, individuate nelle singole consorterie dei Pesce, Bellocco e Pisano di Rosarno, dei Crea e Franconieri di Rizziconi, degli Avignone di Taurianova, degli AlbaneseRaso di Cittanova, dei Mammoliti Rugolo di Castellace, dei Gullace –  Cutellè di Laureana di Borrello, che riconoscevano la suprema autorità nella persona di Giuseppe Piromalli, rafforzato nel suo prestigio criminale anche dall’alleanza con la potente cosca reggina dei De Stefano”.

Pietre miliari, a parere del G.i.p. distrettuale in merito alla “ricerca delle radici del potere intimidatorio promanante dai Piromalli-Molè”, risultano essere ulteriori due sentenze datate nel tempo.

La prima è la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Reggio Calabria in data 23/7/1979 nel processo contro De Stefano Paolo + 59,  divenuta irrevocabile il 25/3/92.

In particolare, in tale procedimento, le contestazioni consistevano esclusivamente in fattispecie di tipo associativo: tra esse spiccavano la cosca facente capo a De Stefano Paolo di Reggio Calabria, e la cosca facente capo ai fratelli Piromalli Girolamo e Giuseppe di Gioia Tauro, ai quali “si contestava di essersi associati tra di loro e con Mazzaferro Girolamo, Mazzaferro Teodoro, Piromalli Gioacchino, Crea Teodoro, Crea Dornenico, Pesce Giuseppe ed altre persone, allo scopo di commettere più delitti di omicidio, favoreggiamento, estorsione ed altro, promuovendo, organizzando e costituendo l’associazione ed assumendo la posizione di capi, commettendo il fatto da indiziati di appartenere ad associazione mafiosa, sottoposti a misura di prevenzione”.

La Corte d’appello di Reggio Calabria però dichiarava non doversi procedere nei confronti di Piromalli Girolamo, già condannato in primo grado alla pena di anni undici di reclusione ritenuta la continuazione tra le plurime fattispecie associative contestategli, per estinzione dei reati a causa della morte del reo; riduceva la pena inflitta a Piromalli Giuseppe già condannato in primo grado ad anni dieci di reclusione, ad anni sette di reclusione, esclusa la continuazione e ritenute tutte le imputazioni a lui ascritte assorbite in unica ipotesi criminosa; riduceva la pena inflitta a De Stefano Paolo Rosario, già condannato in primo grado alla pena di anni nove e mesi nove di reclusione, ad anni cinque e mesi sei di reclusione, esclusa la continuazione e ritenute le imputazioni a lui ascritte assorbite in unica ipotesi criminosa; assolveva per insufficienza di prove, tra gli altri, Piromalli Gioacchino (classe 1934), già condannato in primo grado alla pena di anni sette di reclusione, e Pesce Giuseppe (classe 1923), a sua volta già condannato in primo grado alla pena di anni nove di reclusione. Nonostante le numerose assoluzioni, la sentenza del 1979 “riteneva provata la sussistenza di più associazioni per delinquere in Gioia Tauro e Reggio Calabria, che avevano, perseguito “l’accaparramento dei profitti derivanti dai servizi di autotrasporti connessi con i lavori portuali nella zona del V centro siderurgico, appaltati dalla Cassa del Mezzogiorno (Casmez) al Consorzio di imprese di Gioia Tauro (Cogitau), nonché dalle opere di sbancamento appaltate dal consorzio ASI (Area sviluppo industriale) di Reggio Calabria al Colas (altro consorzio imprenditoriale)”.

 

In particolare, la sentenza riconosceva l’esistenza di una cosca unitaria risultante dalla federazione delle due cosche principali operanti nella città di Reggio Calabria e nella piana di Gioia Tauro, facenti capo, rispettivamente, a De Stefano Paolo di Archi -frazione di Reggio Calabria – e ai fratelli Girolamo e Giuseppe Piromalli di Gioia Tauro (il primo deceduto nelle more tra il giudizio di primo e di secondo grado), cui sono collegate ulteriori cosche minori operanti nella provincia reggina in posizione di sudditanza.

Ulteriore sentenza di fondamentale importanza, a parere del G.i.p. è quella emessa dal Tribunale di Palmi il 12 febbraio 1985.

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