Riceviamo e pubblichiamo
La rottura delle relazioni sindacali con il Comune di Reggio Calabria da parte della RSU ci sembra un atto dovuto e, nel contempo, anche tardivo. Infatti è da troppo tempo che si trascinano situazioni poco chiare che hanno portato a quel tentativo di mediazion e chiamato “Rinegoziazione” che avevamo già definito una inutile e contraddittoria parvenza di contrattazione integrativa.
Naturalmente chi ha a cuore i destini dei dipendenti comunali non può che augurarsi e lavorare perché si ristabiliscano urgentemente normali relazioni sindacali per il bene comune. Esistono, però, alcune pregiudiziali insuperabili che vanno chiarite e definite e dalle quali occorre ripartire.
In primo luogo, bisogna ripristinare la normalità e la legittimità della vita amministrativa comunale. Lo ripetiamo fino alla noia, che se sopraggiunge o interviene una norma di legge bisogna che le parti si adeguino e operino con la dovuta responsabilità. Ossia, tradotto: dopo il “Salva Roma” bisogna ritirare il ricorso pendente presso il Tribunale del Lavoro ed annullare le notifiche di trattenuta economica ai dipendenti emanate 10 mesi fa.
Ma per riprendere le relazioni sindacali è indispensabile capire chi è il dirigente designato a rappresentare la parte pubblica comunale e quali poteri effettivamente gli sono delegati e sulla base di quli indirizzi programmatici. Ciò perché non si ripeta quanto avvenuto nell’udienza tenutasi lo scorso 13 giugno davanti al Giudice del Lavoro sulla questione PEO, (Progressione Economica Orizzontale). Più di uno aveva ritenuto che l’accordo sottoscritto dal Segretario Generale del Comune, Pietro Emilio, dalla Dirigente del Settore Affari Generali, Loredana Pace, da alcune Organizzazioni Sindacali e dalla RSU, potesse aver risolto definitivamente il problema. Invece, l’avvocato Callipo, appositamente nominato dalla Commissione Prefettizia reggina per seguire giudizialmente questa vicenda, ha inspiegabilmente disatteso il contenuto dell’accordo siglato e la stessa legittimità alla firma da parte della rappresentanza pubblica.
Vogliamo ribadire che il Comune di Reggio Calabria, per attribuire la PEO ai dipendenti, ha dovuto predisporre determinazioni dirigenziali e deliberazioni comunali per motivare sia la spesa sia la procedura, con accordi sottoscritti che contengono la firma del dirigente del Settore Risorse Umane, di quello del Settore Finanze e Tributi, del Segretario Generale, dei Revisori dei Conti, del Sindaco e della Giunta Municipale. Non si comprende come mai dalla terna commissariale nessuna frase, nessuna parola e nessun rilievo è stato mai mosso verso chi ha cagionato al Comune un eventuale danno erariale, come rilevato dalla Corte dei Conti.
La situazione attuale non può essere protratta oltre e se ne può uscire solo con l’azzeramento del contenzioso (come previsto e consentito dal decreto Salva Roma) e quindi col ritiro di tutti i procedimenti amministrativi e giudiziari al momento esistenti.
Sarebbe anche confortante che si uscisse dallo stato confusionale che sembra presiedere a molti atti adottati dall’Amministrazione cittadina. Vogliamo, in particolare, citare tre esempi:
1. si esautora, nei fatti, il Segretario Generale che era stato nominato dalla terna Commissariale a solgere diversi, maggiori e cruciali incarichi (Direttore Generale, Funzionario Responsabile dell’attuazione del Decreto Reggio). Abbiamo già sostenuto che la legge sullo scioglimento dei Consigli Comunali presenta dei difetti evidenti e che ci sembra logico e normale che il Segretario generale di un qualsiasi Comune sciolto per contiguità mafiose debba essere sollevato dall’incarico. Riteniamo però che, per amore di trasparenza, si debba spiegare bene la motivazione di un simile ed importante atto che risulta incomprensibile se rapportato a quanto avvenuto fino a qualche settimana con le ripetute attribuzioni di responsabilità a questo dirigente;
2. si spostano i dipendenti del Settore Cultura dalla sede privata di Palazzo Mazzitelli al Cedir, per risparmiare sulle spese per affitto. Condividiamo una politica di razionalizzazione delle spese e di abbattimento degli intollerabili sprechi. Però si scopre che gli uffici in cui sono stati inviati quei dipendenti non ha i requisiti necessari ad accogliere questa quota di dipendenti e quindi i lavoratori vengono sparpagliati fra varie postazioni nelle quali sono, sostanzialmente, impossibilitati ad operare pienamente. Nel contempo nulla si muove per rendere vivibili altre parti degli uffici dislocati al Cedir nelle quali i dipendenti sono costretti ad operare in condizioni disumane senza condizionamento d’aria e senza basilari condizioni igieniche. Restiamo trasecolati ad osservare una procedura amministrativa che non prevede di effettuare per tempo i controlli dovuti;
3. si parla ancora di ridefinire il contratto integrativo del 2010. Facciamo presente che quel contratto è firmato ed operante e che va solo applicato. Si parla anche di “Rinegoziare” (accidenti a questo termine odioso!) i contratti integrativi degli anni 2011, 2012 e 2013 che non sono stati mai firmati e per i quali la contrattazione è lungi dall’approdare a risultati concreti. Saremmo curiosi di sapere come si possa rinegoziare l’inesistente.
In definitiva, auspichiamo che si riprenda ad applicare le leggi, i contratti e, soprattutto, il buon senso per fare in modo che si determinino condizioni di tranquillità per il personale e di certezza per i cittadini utenti dei servizi comunali.
Siamo disponibili a lavorare in questa direzione, senza far pesare il troppo tempo perduto per responsabilità di molti degli attori in causa.
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Franco Criaco Aldo Libri