Le apparecchiature mediche servono per fare diagnosi e prevenzione. Il loro quotidiano utilizzo permette di salvare vite umane, prevenire e curare importanti malattie, fare diagnosi nelle emergenze. Per queste ragioni le attrezzature di diagnostica strumentale devono essere sempre efficienti e periodicamente sostituite con quelle di nuova generazione. Questa è la procedura da attuare nella sanità pubblica, sia per tutelare gli ammalati e dare risposte diagnostiche in linea con i livelli essenziali di assistenza, sia per garantire l’esercizio della professione medica. Un’azienda sanitaria deve rispettare i tempi degli innovamenti tecnologici e non può costringere i medici a lavorare con un catorcio di ecografo vecchio di 20 anni. Per queste ragioni, il personale medico dell’ospedale Spoke di Polistena, ha preso carta e penna scrivendo che si rifiuta di lavorare con un’apparecchiatura obsoleta dai parametri sballati non più in grado di dare risposte attendibili.
Questa è un’altra storia di mala sanità sulla quale ci sarebbe tanto da dire. Il primo pensiero viene rivolto alla miriade di cittadini in fila al pronto soccorso ignari di questa carenza strumentale presente in radiologia; subito dopo si guarda il peregrinare dei ricoverati trasferiti, per questo tipo di esame, presso altri ospedali con gravi disagi per l’ammalato e incomprensibile danno economico per l’azienda sanitaria; a seguire si registra la costrizione di moltissime persone costretti a recarsi negli studi privati per una prestazione negata dalla sanità pubblica; infine prendiamo atto della mortificazione della professione medica di fronte all’esercizio del proprio dovere negato da probabili omissioni di atti d’ufficio su obblighi precisi dettati dalle leggi dello Stato Italino.
Purtroppo la sanità in provincia di Reggio è un colabrodo continuo e non si riesce a venirne fuori. Troppi interessi ruotano attorno ai servizi pubblici essenziali e troppi debiti si accumulano senza riuscire a trovare il bandolo giusto della matassa che sta soffocando l’intero sistema sanitario provinciale. Tra l’altro il cambio al vertice di ben tre commissari nell’arco di un anno, non ha permesso di programmare interventi ad ampio respiro e intraprendere un percorso virtuoso per uscire dal vortice negativo, causa di tutti i mali della sanità ospedaliera e di quella territoriale. Ciò detto l’auspicio è quello di trovarsi di fronte a una direzione aziendale duratura, pronta ad affrontare un lavoro di lungo periodo con programmi e interventi concreti percepibili dai cittadini. Per fare questo, invitiamo il commissario Brancati e il Sub Commissario Iracà a spogliarsi delle vesti ricoperte e vestirsi da semplici cittadini ammalati, per poi recarsi negli ospedali e chiedere assistenza. Solo così forse, chi adesso gestisce l’ASP di Reggio Calabria, riuscirà a toccare con mano i problemi veri e gravi presenti nei punti cardine della sanità provinciale.
Giuseppe Gentile