Testimone rivela come viene importata la droga al Porto di Gioia Tauro e chi è coinvolto

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Secondo un’inchiesta pubblicata sul Corriere della Sera a firma di Amalia De Simone, al Porto di Gioia Tauro arriverebbero circa 170 chili di cocaina a settimana per un totale di 680 chili al mese e un guadagno di un milione e 300 mila euro, con una singolare modalità di trasferimento dal Sud America, Panama principalmente, fino alle coste calabre. Secondo una fonte della giornalista infatti “la droga veniva messa in buste resistenti e sistemate insieme al pesce pulito sotto le scatole. In genere si trattava di filetti di squalo o di tonno o di altri pesci di grandi dimensioni”, tali operazioni, per come riportato dal principale quotidiano nazionale sarebbero controllate dalla criminalità organizzata, per come riportato dall’articolo, infatti, “in Calabria i clan della ‘ndrangheta (una delle fonti indica la famiglia dei Pesce) provvedevano a ritirare la merce.” Ma secondo l’inchiesta, nel traffico di droga, uno dei ruoli principali non sarebbe dei clan della ndrangheta, bensì l’avrebbe Valter Lavitola, il faccendiere già imputato nel processo sulla presunta compravendita di senatori, che vanterebbe legami con potenti di Panama, considerata un’isola felice per i traffici illeciti, tra cui l’ex presidente panamense Ricardo Martinelli.

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