Uccisa con almeno dieci coltellate sferrate alla cieca al corpo, alle braccia, alle gambe da un uomo di 53 anni, di origine marocchina, che la ragazza aveva in cura nella struttura protetta ‘Clarabella’, vicino a Iseo (Brescia), dove Nadia Pulvirenti, 25 anni, lavorava da due anni come Terapista delle riabilitazione psichiatrica. L’uomo, Abderrhahim El Moukhtari, da anni in Italia con un regolare permesso di soggiorno, soffriva da tempo di turbe psichiatriche ma non sembra non avesse mai dimostrato particolari aggressività e violenza e che stesse proseguendo senza eccessivi problemi nel suo percorso di recupero. Da almeno cinque anni viveva con un altro paziente in un appartamento di cosiddetta “residenzialità leggera”, una modalità di cura che prevede la vita in comunità, così come è la struttura Clarabella: una cooperativa sociale di inserimento lavorativo, immersa nel verde tra il Lago d’Iseo e la Franciacorta, nata nel 2002 e che accoglie persone con disabilità psichica e fisica che lavorano nell’agricoltura biologica.
Sono tutti pazienti in carico al Dipartimento di salute mentale dell’Asst della Franciacorta. In uno degli appartamenti della struttura, mentre il compagno di El Moukhtari non c’era, è accaduto l’omicidio, efferato, compiuto con un coltello da cucina che si trovava in casa. Forse un diverbio, un rimprovero da parte della ragazza relativo alla terapia da seguire, e Nadia, che aveva studiato a Verona fino al 2014 e lavorava nella comunità Clarabella da un paio d’anni, è stata straziata da una decina di colpi. Gli altri pazienti e il personale hanno sentito le urla disperate della ragazza e hanno visto El Moukhtari uscire dalla stanza, con il coltello insanguinato e, quasi in trance, muoversi verso l’uscita dalla comunità. Una volta per strada è stato visto da una pattuglia della Polizia locale, si è avvicinato agli agenti e ha detto loro: “Voglio andare dai carabinieri”.