“Finalmente si iniziano ad intravedere i primi segnali di ripresa dopo anni di contrazione dei consumi, causati principalmente da azioni sbagliate che non hanno fatto altro che incidere sulle possibilità di spesa per le famiglie italiane – afferma Denis Nesci, Presidente Nazionale dell’U.Di.Con. – nel 2014, dopo due anni di calo, si registra una crescita del reddito disponibile ma, soprattutto, finalmente si ricomincia a sentir parlare di risparmio, un vocabolo diventato un vero e proprio tabù”.
Sono positivi i dati pubblicati dalla recente indagine dell’Istat sulla spesa per i consumi delle famiglie, anche se, ancora una volta, la fotografia scattata dall’Istituto ritrae il Bel Paese completamente spaccato in due, un aspetto questo, su cui c’è ancora molto da lavorare.
Dall’analisi emergono elementi che meritano particolare attenzione: un primo aspetto riguarda l’acquisto presso hard discount che continua a crescere al Sud Italia, riducendosi pian piano che si sale, a questo bisogna aggiungere una diminuzione pressoché uguale in tutto lo Stivale sull’acquisto di carne e bevande analcoliche, con un aumento di spesa per piatti pronti. Segno che gli italiani non solo hanno poco tempo da dedicare per la preparazione dei piatti, ma anche che fanno a meno di tutti gli alimenti più costosi (come la carne), o maggiormente nocivi per la propria salute, come le bevande gassate. Si registrano livelli di spesa più bassi non solo in considerazione di un aspetto meramente geografico, ma anche in considerazione dell’età, infatti le giovani coppie spendono molto meno rispetto a coppie over 65, un dato allarmante che sicuramente tiene in considerazione anche dei redditi percepiti e della precarietà lavorativa dei giovani.
“La vera sfida per il 2015 sarà quella di cercare di colmare il divario tra il meridione e il settentrione, attraverso politiche assistenziali che possano rilanciare di nuovo i consumi, inoltre – continua il Presidente Nesci – diventa quanto mai fondamentale ridurre le spese sulla casa che rappresentano una parte ancora troppo alta, arrivando addirittura al 40% della spesa generali”.